L’obiettivo del progetto è quello di trasferire in chiave moderna le antiche tradizioni della cultura popolare recuperandone le radici negli aspetti intellettuali che l’hanno influenzata e delineata. Pertanto si cercherà di riscoprire il culto di Santa Lucia a Santa Severina, il suo rapporto con la chiesa detta dell’Ospedale, con il supporto degli ultimi studi ed approfondimenti storico-scientifici riguardanti tutto il quartiere circostante. Il recupero della tradizione popolare si configura come il bisogno di recuperare dal passato e trapiantare alle nuove generazioni quegli usi e costumi semplici che contraddistinguevano un’entità culturale importante della nostra storia.
Da questi elementi si potrebbe fare un confronto anche tra i giochi popolari di una volta e l’innovazione solitaria del momento. I giochi di strada erano quasi un rito per i bambini di un tempo che si ritrovavano numerosi per le “rughe” del paese armati di inventiva e dei pochi mezzi allora a disposizione. Oggi i pochi bambini riversano le loro attenzioni verso strumenti tecnologici, i quali senza dubbio stimolano delle “competenze”, ma dall’altro lato annullano delle capacità manuali che sono fondamentali per la crescita di un bambino. Altro dato negativo legato ai sopracitati strumenti è una sorta di isolamento e un creare rapporti soltanto virtuali, i quali alcune volte portano a fatti di cronaca nera.
Un evento proprio della memoria storica è lo scambio commerciale nonché di idee che si attua all’interno della fiera del rione, un momento di alta espressione di quelle che sono le potenzialità di un territorio: l’artigianato, quale attività frutto delle capacità di plasmare con le mani un dato materiale e renderlo fruibile e prezioso; i prodotti enogastronomici locali che da sempre rappresentano una peculiarità delle tavole e anche del mercato calabrese nel mondo. Inoltre la fiera diventava un momento di ritrovo e svago per la popolazione, quasi come fosse una festa, un’occasione per rivedere parenti ed amici e trascorrere delle ore di spensieratezza allietati dalla musica degli artisti di strada.
Santa Severina, di per sé si contraddistingue per un certo fervore culturale riconosciuto ormai da anni sia sul territorio regionale che su quello nazionale e internazionale, pertanto anche il recupero delle tradizioni passa attraverso lo studio e la configurazione di tutti quegli elementi storici che le hanno determinate.
L’evento che si vuole realizzare si sviluppa intorno alla chiesa di Santa Lucia, edificio di impianto bizantino che ha subito nel corso dei secoli alterazioni edilizie, situato in prossimità della porta antica del paese, luogo di accoglienza e di primo ricovero per pellegrini e malati.
Nel 1532 Clemente VII confermava l’erezione di un convento in Santa Severina dell’ordine dei Minori Conventuali. Esso era stato fondato da Giovanni Francesco e Giovanni Maria di Sanctoseverino e da Antonio degli Infusini. Il convento dell’ordine dei conventuali, uno dei due conventi esistenti all’interno delle mura della città, era intitolato al Santo Salvatore ed era situato appena dentro la porta della città detta della Piazza e quasi sottostante alle muraglie del castello. Alla fine del Cinquecento esso era abitato solo da due o tre frati, i quali vivevano di elemosina. A causa delle poche rendite e perché non aveva un numero di frati sufficiente esso fa parte dell’elenco dei piccoli conventi da chiudere in seguito alla Costituzione di Innocenzo X. Fatto che secondo il Fiore avvenne nel 1653. Dopo la soppressione nel convento e nella chiesa annessa del SS. Salvatore fu trasferito l’ospedale della città, che era amministrato dalla confraternita di Santa Caterina e che utilizzava a tale scopo un edificio non consacrato. Così descrive il tutto l’arcivescovo Francesco Falabella in una sua relazione: “… Si trova in detta città un ospedale per accogliere i pellegrini e per curare gli ammalati che è amministrato dalla confraternita di Santa Caterina, che per tale uso utilizzava un edificio non consacrato. Esso fu trasferito nel piccolo convento soppresso dell’ordine dei minori conventuali, annesso alla chiesa del SS. Salvatore nel quale vi erano tre stanze, che minacciavano rovina con un solo letto. Io curai di restaurarlo e di provvederlo di tre letti. L’ospedale per gli infermi poveri e per i pellegrini, le cui rendite sono molto tenui e con le quali anche si devono pagare gli stipendi delle messe per i benefattori, che con tale onere lo dotarono, è al presente situato nella chiesa del SS.mo Salvatore, convento soppresso dell’ordine di S. Francesco dei conventuali posto all’ingresso della città. Esso fu trasferito da un altro edificio e la chiesa di Santa Caterina, la cui antica confraternita laicale fu anche annessa con l’ospedale a detta chiesa del SS.mo Salvatore”. La chiesa del SS. Salvatore così appare in un apprezzo della fine del Seicento: “.. coperta a tetti con due altari, uno con l’immagine di S. Antonio, e l’altro con l’immagine della Concezione, ed accosto a detta Chiesa vi sono quattro stanze, che servono per uso dell’Ospedale, tanto per cittadini quanto per forestieri. In detta chiesa vi sono due campane, e avanti di essa vi è un piede d’olmo e Piazza”. Per tutto il Settecento l’ospedale rimase nel convento soppresso dei minori conventuali al quale era annesso la chiesa del SS. Salvatore , nota anche come la chiesa dell’ospedale. La chiesa in seguito fu intitolata alla Immacolata Concezione di B. M. V.. ed alla metà del Settecento aveva l’onere di celebrare quattro messe alla settimana ed era retta dal procuratore del seminario. Unito aveva l’ospedale per gli ammalati ed i pellegrini al quale si provvedeva dallo stesso procuratore. Vi erano due altri altari dedicati a Santa Lucia e a Sant’Antonio da Padova, entrambi erano senza oneri e rendite. Essa al tempo della Cassa Sacra si presentava: “Vicino la porta della città vi è la chiesa dell’ospedale in cui vi sono due porte, una picciola che si serra con chiave di ferro e l’altra grande che si serra con legno atraverso. Le stesse sono vecchie. Vi è l’altare con quadro dell’Immacolata ed una finestra con vetrata e senza vetri. Vicino la stessa vi è la sagrestia, in dove vi è uno stipo che serviva per gli arredi sacri. La portella mediante è fradicia ed aperta ed una finestra picciola. Lo suffitto di detta chiesa è buono. Attualmente la chiesa è conosciuta come la chiesa di Santa Lucia. (da A. Pesavento, Alcune chiese non parrocchiali di Santa Severina all’interno delle mura, Archivio Storico Crotone)
Per quanto sopra esposto si ritiene utile una tavola rotonda sui temi inerenti: Santa Lucia e la funzione e le caratteristiche degli ospedali nelle città antiche, trattate da storici, urbanisti e architetti specializzati.